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Pulire le erbacce? No, grazie.



Ricordo che a una delle prime lezioni di biologia vegetale del mio primo triennio universitario, il professore esordì dicendo: “ragazzi, tutti pensano che le piante siano buone, carine, gentili. In realtà sanno essere cattive ed aggressive, e lo sono!”. Forse qualcuno deve aver travisato, in maniera esagerata, questo concetto; proprio quel qualcuno che è pronto a dare la caccia alle “erbacce”. Ma chi lo dice che quella pianta che, aggressivamente, vogliamo eliminare sia indesiderata? Ricordo, allo stesso modo, la prima slide del corso di Gestione ecocompatibile della flora infestante. Beh, volete sapere cosa c’era scritto? “Il concetto di malerba è relativo”; eh sì, è relativo, perché nessuna pianta per definizione può essere definita infestante (o, appunto, erbaccia). Nell’agricoltura tradizionale, in un campo di frumento una popolazione di rossi papaveri è definita infestante, alla stregua di combatterla con erbicidi o con lavorazioni meccaniche. Sarà forse un caso che, lo stesso papavero (e quando dico lo stesso, intendo la stessa specie) richiama migliaia di persone (al momento richiamava, ma molto probabilmente richiamerà) a circa 1 350 m slm di quota dove è, ugualmente, infestante delle coltivazioni di lenticchia? Per chi non lo sapesse, e forse siete in tanti, la tanta apprezzata fioritura degli altipiani a cavallo tra Umbria e Marche è proprio una fioritura di erbacce. Possono essere infatti considerate così visto che l’obiettivo principale è la coltivazione della lenticchia; ma questa Leguminosa produce dei fiori bianchi ma molto piccoli e assolutamente invisibili all’occhio del turista che scruta i campi scendendo da Forca di Presta o salendo verso Forca Viola.

Forse è il caso di focalizzare il tema e spostare l’attenzione sull’ambiente urbano, ormai principale palcoscenico della vita di tutti i giorni. Qual è il rapporto tra uomo, cemento e pianta? E soprattutto, chi comanda? Noi o le piante? È, quest’ultima, una domanda a cui sto cercando di trovare risposta da almeno 3 anni a questa parte, ma più ci penso e più credo che sono le piante a “comandare” e non noi esseri umani. Il motivo è semplice: senza le piante non avremmo ossigeno e quindi la possibilità di vivere. Al che qualcuno potrebbe asserire che le specie vegetali dovrebbero dominare incontrastate come tanti miliardi di anni fa: sicuramente oggi non è possibile. Allora come fare a gestire questa “scomoda” convivenza su cui, come quando si parla di calcio, tanti italiani (e ascolani) si sentono autorizzati a parlare e dare sentenze? Sicuramente c’è più di un problema: il maggiore è probabilmente quello delle specie alloctone neofite invasive (Ailanthus altissima, un nome su tutti) che crescono incontrollate, sostituendo la nostra flora autoctona e diminuendo il valore ambientale dei nostri ecosistemi. In questo senso si può agire, in maniera selettiva, ma si tratta di un lavoro, faticoso nella prima fase ma altamente redditizio a lungo termine, che le amministrazioni preferiscono non affrontare, preferendo il tutto pulito e subito che, nel lungo periodo, porta a problemi di gran lunga superiori a quelli di partenza. Perché prendersela con l’innocua Parietaria o con il ruderale cappero quando sulle nostre antiche mura crescono fichi e bagolari? Questi ultimi potrebbero causare danni enormi a differenza delle specie erbacee che anzi, a volte, abbelliscono con le loro fioriture i conci di travertino.


Sempre più spesso mi capita di vedere sui social network foto di rotonde o prati in prossimità di strade, nel Nord Italia, che attraverso uno sfalcio selettivo o una semplice semina si riempiono di colori e fiori. A volte non serve intervenire ma solo gestire e non serve arrivare fino alla periferia di Milano, perché anche nel Giardino Botanico Didattico dell’Istituto Tecnico Agrario “Ulpiani” c’è un grande prato spontaneo che regala periodicamente fioriture di Composite (margherita, tarassaco…), papaveri, Veronica
Chissà allora, quando la sensibilità delle persone crescerà al punto che, prima di prendere in mano il decespugliatore o il tosaerba, si possa evitare di abbandonare per strada fazzoletti, cicche, buste di plastica, …, e sto citando i casi “migliori”.

Fabio Ascarini

SULLE TRACCE DEGLI ANIMALI


La nostra associazione organizza per mercoledi 20 mattina un'escursione sulla neve alla ricerca delle tracce degli animali selvatici, allo scopo di imparare a riconoscerne le specie e cercare di comprenderne il comportamento, in base ai loro spostamenti. La montagna innevata è particolarmente affascinante e lo diventa ancora di più quando si capisce il comportamento dei suoi "abitanti".
Per quanto riguarda l’attrezzatura sono sufficienti scarponi invernali e ghette. Consigliabili anche i bastoncini e abbigliamento adeguato, viste le temperature rigide.
L'itinerario proposto è una passeggiata lungo la strada sterrata che sale sul Monte dell'Ascensione dal versante ovest, coperta da circa 10-20 cm di neve. La situazione è ideale perchè, oltre al fatto che il percorso è molto suggestivo, la strada è ampia e permette facilmente di intercettare le tracce che si incontreranno, inoltre, se la si percorre tutta, si può arrivare fino in vetta dove si può ammirare uno splendido panorama a quasi 360°. Si potranno incontrare tracce di cinghiali, caprioli, istrici, tassi, mustelidi, e, con un pò di fortuna, di lupi.


QUOTA ASSOCIATIVA: 10 €
QUOTA DI PARTECIPAZIONE: 5 €




Più alberi o più PM10?


In questi giorni si sente molto parlare di queste PM10; ma di cosa si tratta precisamente? In realtà PM non è altro che l’acronimo di Particulate Matter, ovvero, in Italiano, materia particolata. Parliamo di un aerosol di particelle di diametro inferiore ai 10 micron che viene generato sia da fenomeni naturali come incendi o dispersione dei pollini, che da processi antropici, in particolare il traffico veicolare e i processi di combustione in generale. Questo particolato è molto pericoloso perché innesca diverse patologie dell’apparato respiratorio, comprese quelle cancerogene.
C’è da dire che negli ultimi 10 anni il livello di queste polveri sottili nelle città italiane è diminuito, ma in quasi nessun caso si è riuscito a contenerlo secondo le prescrizioni della Commissione Europea; se poi non piove, come è successo negli ultimi mesi, queste polveri sottili aumentano esponenzialmente e le amministrazioni comunali sono costrette a correre al riparo con provvedimenti come il blocco del traffico, le ZTL o le targhe alterne.
Ma possono essere queste strategie perpetuate o c’è bisogno di rivedere le nostre città e riprogettarle pensando di dare un ruolo più importante al verde urbano? Tra le diverse funzioni del verde in città, c’è quella igienico-sanitaria: molte specie di alberi e arbusti infatti sono capaci di filtrare e/o intrappolare tra le foglie le polveri sottili e gli inquinanti gassosi; questo effetto è massimo in piante con fogliame fitto e foglie rugose.
Gli ascolani però si trovano, da un giorno all’altro, un tiglio in meno in Viale Marconi, forse una delle zone più trafficate della città. Albero che, dall’attento esame visivo della ceppaia, sembrava essere sano, non cariato e quindi stabile e sicuro. Ricordiamo inoltre che il tiglio è tra le specie protette dalla L.R. n° 7/85, successivamente modificata dalla L.R. n° 6/05; chissà se sono state rispettate tutte le procedure previste dalla normativa? E chissà quale sarà stata la motivazione dell’abbattimento…
Ma questo, in fondo, è solo un episodio che però rimarca lo stato mediocre del verde urbano ascolano, poco e maltenuto: dalle capitozzature degli ippocastani di viale Vellei a quelle dei platani di Lungo Castellano e viale Treviri.   
L’ISTAT, nel rapporto 2013 sui dati ambientali nelle città, ci mette al 95° posto sui 104 capoluoghi di provincia analizzati per verde urbano fruibile, espresso in mq/abitante; Ascoli ha solo 7,4 mq di verde urbano per abitante contro i 30,3 mq per abitante di media italiana.
Eppure gli strumenti ci sarebbero: la legge nazionale 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi urbani”  prevede diverse azioni di tutela, studio, progettazione e manutenzione del verde urbano; invece la nostra città attualmente non è dotata nemmeno di un piano del verde.
Dai giornali leggiamo che è stato predisposto un piano delle potature per ottimizzare il passaggio dall’illuminazione tradizionale all’illuminazione a LED; è vero, il Comune risparmierà sulla bolletta, ma chi pagherà i danni ambientali? Questo ancora non è dovuto saperlo…
Oggi sono cominciate le operazioni di potatura invernale sui ligustri di via Sacconi; eppure abbiamo visto capitozzature, slabbrature, lesioni, tagli sfilacciati e non rispettanti le buone norme di arboricoltura. Siamo convinti che sul verde urbano devono operare dei professionisti, i quali abbiano ben chiari i concetti fondamentali di botanica, fisiologia vegetale e arboricoltura. Queste operazioni, mal effettuate, non fanno altro che aumentare i costi di manutenzione e i rischi per la collettività.
Prossimamente l’associazione Gigaro88, osservatorio ambientale, promuoverà un incontro sullo stato del verde urbano della città di Ascoli, invitando tutti gli interessati.



ASSOCIAZIONE GIGARO 88
-Osservatorio ambientale -


Festeggiamo 5 anni di Gigaro88 sulla Montagna dei Fiori

Sono passati già 5 anni dalla data ufficiale di fondazione dell'Associazione.
Questa è l'occasione giusta per riunirsi sulla cara Montagna dei Fiori e festeggiare insieme, trascorrendo una giornata insieme tra passeggiate e gastronomia.
Nel pomeriggio assemblea dei soci e consiglio direttivo.

Tutti i dettagli nella locandina.
Per contatti: 3206398451 oppure gigaro88@alice.it

L'Autunno e la Rosa canina

Torna il tradizionale appuntamento sui Sentieri della Rosa canina. Anche per quest'anno l'Associazione Gigaro 88 ha riproposto quest'evento che vuole valorizzare il magnifico territorio di San Giacomo e della Montagna dei Fiori, insieme ai suoi prodotti tipici. Il tutto avverrà Sabato 7 Novembre 2015.

Appuntamento alle 8.45 al rifugio Di Lorenzo per una colazione offerta da Gigaro88. Quindi partenza per l'escursione guidata dai soci di Gigaro88 alle neviere, caciare e alla raccolta della Rosa canina. Alle 11.45 ritorno e degustazione di prodotti locali (pecorino, miele, marmellate, vino.)

Costo della giornata 15 €, comprensivi dell'iscrizione all'Associazione. 


Sant'Antonio 2015: il gruppo "La Pemmadora" ripropone i canti di questua

Anche quest'anno, dal 15 al 18 gennaio, il gruppo 'La Pemmadora' dell'Istituto Tecnico Agrario 'Celso Ulpiani', con i tipici abiti 'campagnoli' e le mantelle scure, ripropone i canti di questua in onore di Sant'Antonio Abate, fondatore del monachesimo, protettore degli animali, nemico del demonio e invocato per la cura delle malattie della cute.
L’edizione del 2015 è stata organizzata in collaborazione con l'Associazione Laboratorio 14 ed il Gruppo vocale diCanto inCanto e l’associazione Gigaro 88 composta prevalentemente da ex allievi dell’Istituto Agrario. L’intenso programma prevede, come tradizione, tantissime poste ad Ascoli, Castel di Lama, Offida, Montedinove, Porto d’Ascoli; quindi nei paesi dell’interno come Acquasanta, Arquata.
Si andrà a far visita alle scuole e alle case di riposo. La novità dell’edizione 2015 è la visita alla facoltà di Architettura, nella sede dell’Annunzia che è stata la prima sede della Scuola Regia Agraria di Ascoli fondata nel 1882. Si sa che il re della festa è il porco, pertanto il gruppo, approfittando del periodo delle 'mmasciate' farà visita anche alle aziende agricole, La vergara, l’agriturismo il Fienile, Cartofaro, l’Orto di Paolo della cooperativa Pagefa, gli orti sociali di Porto d’Ascoli, che accoglieranno i questuanti nell’aia.

Un falò sarà il segnale che il gruppo è ben accetto. I momenti più suggestivi di questa lunga kermesse saranno l’apertura e la chiusura dei festeggiamenti: la prima ad Offida, il 15 gennaio, in cui la festa di S. Antonio apre ufficialmente il grande carnevale; l’ultima il 18 gennaio, a Montedinove, in cui il gruppo parteciperà alla messa, poi alla processione con la statua del Grande Santo, la benedizione degli animali, quindi festeggerà con gli abitanti del posto cantando lungo vie del paese e nella campagna circostante con la speranza di rimediare qualcosa da mangiare e qualche soldino da spendere per il viaggio d’istruzione di fine anno.
Speranza quasi sempre esaudita, in quanto la minaccia di ricevere i tremendi canti di maledizione è da tutti vista come una grande sciagura da evitare.

Lu vì cuotte, lu ciambello' e la crustata

Torna l'iniziativa "Lu vi cuotte, lu ciambello' e la crustata" organizzata dai ragazzi (guide) dell'Istituto Tecnico Agrario "Celso Ulpiani" con la collaborazione dell'Associazione Gigaro88. L'evento si terrà nel Giardino Botanico Didattico della scuola nella giornata di Mercoledì 5 Novembre a partire dalle 14.30 fino alle 18.00.
Si potrà assaggiare e scoprire la storia del vino cotto che, da necessità, è diventato "lusso". Per accompagnarlo i dolci della nonna: ciambellone e crostata.
Tutti sono invitati a partecipare!
La locandina dell'evento

Attenti al lupo?


Lo scorso mese di marzo i giornali toscani della zona di Grosseto riportavano di teste di lupi mozzate e appese ai cartelli stradali e di individui ritrovati avvelenati in varie località della Maremma. Questo potrebbe essere lo scenario del prossimo futuro in gran parte delle zone in cui il lupo ha rifatto la sua comparsa negli ultimi anni. Innanzitutto è necessario sfatare un pensiero ricorrente, cioè la credenza che i lupi siano stati reintrodotti dall'uomo, al pari di cinghiali, caprioli e cervi. Non è così, il lupo è quello nostrano (per fortuna) che, dopo la protezione legale accordatagli nel 1971, poiché ne rimanevano solo un centinaio di esemplari nel Parco Nazional
Lupo appenninico (Canis lupus italicus)
e d'Abruzzo, pian piano, con la reintroduzione delle sue prede naturali da parte dell'uomo, lo spopolamento della montagna e l'aumento delle aree boscate, ha riconquistato ormai tutti i territori storici e conquistato nuovi spazi, fino a poco tempo fa impensabili (es. il Parco del Conero, il Gargano, ecc). In Italia oggi si stimano 1500-2000 lupi.


Ovviamente è giusto ed utile il fatto che questo affascinante superpredatore sia una specie particolarmente protetta, infatti è l'unico predatore capace di controllare cinghiali, caprioli e cervi, spesso responsabili di gravi danni all'agricoltura, inoltre svolge un'importante funzione di selezionatore degli erbivori, catturando generalmente gli esemplari vecchi, malati e debilitati e  controlla le popolazioni degli altri predatori, ad esempio della volpe. Nello storico parco di Yellowstone è stato dimostrato che la presenza del lupo ha effetti positivi addirittura sulle piante e sui pesci; la presenza dei lupi infatti limita la sosta degli erbivori lungo i fiumi, a causa della loro maggior vulnerabilità in vicinanza dei corsi d'acqua, gli erbivori di conseguenza riducono il loro impatto sulla vegetazione delle sponde e ciò migliora la vita del fiume in generale.

Ciò premesso è un dato di fatto che spesso i lupi arrecano gravi danni ai pochi allevatori rimasti, che oltre alle mille difficoltà di un'attività dura e oggi sempre meno conveniente, si trovano a dover pagare da soli il “costo” della presenza dei lupi. In ogni caso c'è da considerare che i danni arrecati dai lupi sono all'incirca la decima parte di quelli risarciti agli agricoltori per i danni attribuiti al cinghiale, che solitamente vengono pagati dagli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia), in quanto questo è una specie cacciabile.

Se il problema venisse affrontato con serietà e determinazione da parte delle istituzioni competenti, considerando che gli allevatori, specie al di fuori delle aree protette, sono ormai molto ridotti, la convivenza lupo-uomo sarebbe possibile. Per difendersi dai lupi è necessario che le greggi siano protette da un adeguato numero di cani da gregge (pastore abruzzese- maremmano), e che di notte gli animali siano ricoverati entro recinzioni sicure, siano esse mobili o fisse. I parchi nazionali hanno realizzato programmi di aiuto per gli allevatori per prevenire i danni da lupo, donando cuccioli di cani pastore e recinzioni elettrificate antilupo agli allevatori che ne fanno richiesta. In Abruzzo è nata una cooperativa che seleziona cani da lavoro che vende in Italia e all’estero, collaborando con diverse aree protette. In genere quando si adottano adeguate misure di prevenzione i danni da lupo si riducono oltre il 90%, con soddisfazione di allevatori ed ambientalisti. Inutile dire poi che, nei casi particolari, qualora i danni dovessero verificarsi comunque, gli allevatori andrebbero prontamente risarciti, ma nel caso di una prevenzione adeguata e sistematica questi sarebbero irrisori. Le leggi attuali invece, oltre a risarcire solo parzialmente e spesso anche dopo anni gli allevatori, impongono loro anche lo smaltimento delle carcasse a proprie spese. In alternativa all'indennizzo si potrebbero adottare delle polizze assicurative che, sempre abbinate alla prevenzione obbligatoria, risarcirebbero gli allevatori.

Ovviamente la prevenzione andrebbe pianificata a livello regionale, considerando la diffusione e la biologia del lupo, pertanto la regione dovrebbe farsi promotrice e coordinatrice, coinvolgendo le associazioni di allevatori e agricole e facendo formazione per tecnici e allevatori.

Se riusciremo a prendere questa direzione forse potremo salvare allevatori e lupi, che da secoli hanno convissuto, altrimenti, probabilmente perderemo sia gli uni che gli altri, e forse anche da noi troveremo le teste dei lupi appese ai cartelli stradali.